lunedì 7 luglio 2008

LA SOLITA VITA, POI


Sono seduta da un'ora nella sala di attesa delle Generali.

Ci sono due colleghi prima di me. Non ci rivolgiamo la parola.

Vivo l'esperienza della trasmigrazione dell'anima come spesso mi accade quando mia annoio a bestia.

Così posso vedere una ragazza vestita di garzine appollaiata su una sedia azzurra, coi gomiti poggiati alle ginocchia e la testa abbandonata sui polsi.

Così posso vedere una ragazza il cui sudore si trasforma in broncopolmonite palpabile, ascoltare arresa musica muta dal nano nero 8 gigabaite.

Ieri era tutto migliore.

Ieri era tutto azzurro.

Ieri mi sembrava impossibile vivere con dei vestiti addosso che non fossero un fazzoletto di cotone attorno ai fianchi, un pezzo di maglietta elastica.

Oggi ho persino le scarpe.

Poi mi sono svegliata da sola, senza baci.

Ho passato la mattina a parlare nel telefono dicendo anche più volte parole tipo coglionazzo, negligente, prescrizione, studiare la pratica.

Sentirmi gonfiare e sgonfiare alternativamente la vena del collo, quella della tempia sinistra, assistere ironicamente alle mani che mi tremano quando da diverse ore non mangio (e non ho fame), la palpebra che va per fatti suoi.

Fuori ci sono 40 gradi e il vento di favonio.

La giornata sembra lo spiedo crudele su cui ruoto lenta come un kebab tenuto stretto da merletti e perline.

Ogni tanto qualcuno si taglia una fetta per merenda.

Ieri invece abbiamo pranzato con gelatino e vera cocacola.

Abbiamo pranzato dalle macchinette a gettone che mi fanno impazzire.

Ho letto tutto il giorno le cose che mi piacciono (qui sulla scrivania ho invece una pila di numeri arretrati di Danno&Responsabilità), verso le sei avrei voluto piantare una enorme grana quando mi ha detto di vestirmi per tornare a casa.

***

A Leuca non è cambiato niente in questi 13 anni.

Io ero già presente quando costruirono il porto turistico, quindi nessuna sorpresa se l'orizzonte si è fatto più vicino ed è bianco di cemento bianco o come diamine si chiama quella non naturale pietra bianca.

C'è Martinucci e la sua folla, il supermercato Mosca, Lupo di Mare con la sua moglie esotica che io sempre immagino che Paolo Conte parlasse di una donna così nelle sue canzoni sul Mocambo.

Le bancarelle Filufierro, le nonne coi vestiti a fiori, le adolescenti abbronzate e saracene come me e Claudine tutti quegli anni fa.

Le luci del lungomare viste da su, vicino al faro. Niente di più rassicurante della città vista dall'alto. Nonostante il buio, nonostante l'erba tagliata male in certe case col giardino.


Letteratura rievocata da questo inatteso ritorno:

Colette, Cherì

Ian McEwan, Il giardino di Cemento

Marie Crdinal, La chiave nella porta

Fleur Jaeggy, I beati anni del castigo

Nobokov, Lolita

Quineau, Il diario Intimo di Sally Marra


Musica che ricordo di aver ascoltato:

Pulp Fiction, colonna sonora

Nirvana, Unplugged

Edith Piaf, Raccolta


Per i motivi di cui sopra, tendo a preferire gli oggetti ai cristiani.

Cose e luoghi, alle persone.

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