venerdì 11 luglio 2008

VARIAZIONI GOLDBERG


Ieri sono tornata allo studio in cui ho fatto il tirocinio per una visita di cortesia e per il mio dilazionato trasloco.
E' così confortevole certe volte tornare tra quei caproni.
Quel quarto piano sfigato ma pieno di luce, la loro istintiva civetteria come ragazzine delle medie...poi il silenzio e la quiete del quartiere della ferrovia: fumo e alberi lunghi e sghembi, ferro e cocci di vetro.
Non come il posto in cui lavoro adesso che è perennemente una campo di battaglia e la convivenza tra i simili è serena come in un campeggio per cannibali.

Le solite telefonate brevi, il ronzio del fax antichissimo, la mia stanza impoleverata ma in ordine, le loro domande sceme ed amichevoli. Cosa fai, come ti trovi, sei molto carina, studia sodo, andrà tutto bene.
Per la prima volta il Capo Uno mi ha domandato quando torno al lavoro che c'è molto bisogno ma pure ha detto decidi con calma pensa a passare l'esame noi stiamo qui, ti ho preso un telefono nuovo e ti prometto che per il fotocopiatore ci sto lavorando, i clienti domandano di te e dei tuoi cioccolatini nella ciotola decorata coi draghi.

Panzone si sente più a suo agio adesso. Ora che non ci sono più briglie gerarchiche tra di noi.
Nel salutarci, una volta soli nella mia stanza, quasi gli salto al collo e l'effetto è che ci diamo una gran testata.
Non sa da dove cominciare è pieno dicose da dirmi, si agita tutto come un ragazzino: la sua faccia da almdovar abbronzato, i suoi occhi da cane miliardario, lo sguardo che io penso sempre è così che deve essere il petrolio, come lo sguardo nero e torrenziale di Panzone, il mio capo preferito.

Per prima cosa mi dice che fa il tapirulan ogni giorno per un'ora, io dico non ci credo allora ci andiamo a pesare tutti e due alla bilancia che c'è nello sgabuzzino.
Iinfatti ha perso 4 chili da marzo, io pure ne ho persi un paio.
Allora ci guardiamo nello specchio, io gli arrivo alla spalla, tutti e due ci stiriamo la camicia sulla panza soddisfatti, io gli faccio notare che ormai è un vecchio audace: è maggio e si è già tolto la maglia della salute. Allora un po se la prende e mi dice non parlarmi come se fossi amico tuo.

Poi mi fa vedere le sue scarpe nuove, i jeans di armani stirati e siccome freme per farmi vedere altri vestiti che ha comprato, li guardiamo su internet, io in ginocchio sulla sua mega poltrona lui dietro di me tutto affannato per cercare i siti.

Facciamo un po' di lotta nel corridoio poi mi porta a prendere il gelato al bar sotto lo studio.
Sento l'irritazione di Capo Uno anche se non vedo la sua faccia per il fatto che corriamo nel corridoio e sbattiamo tutte le porte anche quella dell'ascensore perchè Panzone vuole chiudersi dentro da solo ed io la blocco col piede poi però ho le ciabattine e mi faccio male allora lui mi toglie una ciabatta e la lancia nella tromba delle scale dal quarto piano: sento il requiem dei dannati svaroschi che si spandono ovunque come una notte di s. lorenzo psichedelica.

Nel bar siamo cheti seduti uno a fianco all'altro. Mi fa le solite domande a sfondo sessuale poi mi chiede se ho fatto pace con M. Io dico che sono stata da lui al fine settimana, lui mi domanda se è amore, io dico non credo.
Poi mi racconta delle sue figlie e della moglie. Di dove andranno in vacanza. Si raccomanda quasi distrattamente di avere cura di me e per piacere non ti drogare.
Sempre sospira beata te che sei giovane. Sei un po' selvaggia ma un buon partito dovrebbe metterti a posto.

Ci salutiamo acrobaticamente come al solito.
So che una volta rientrato si andrà a chiudere nella sua stanza per riflettere e per il rewind di verifica: non ho sbagliato in niente, tutto è stato condotto in correttezza e buona fede.

***
In agenzia da S. c'era una ragazzo con una camicia di lino e dei pantaoni grigi carhartt.
Si stava mangiando un enorme gelato alla nocciola.
Siccome fissavo il gelato senza tregua lui ha detto vuoi, io allora me lo sono mangiato tutto e lui era abbastanza sornione ogni tanto gli facevo dare una leccatina ma poco.
Ha detto che si chiama Diego io poi l'ho convinto a portarmi le pesantissime borse della spesa fino alla macchina che avevo lasciato in via roma.
Per gratitudine gli ho detto puoi entrare che ti faccio sentire una cosa.

E ho messo su una canzone di serge gainsbourg interpretata da quella troia di carla bruni in inglese che si chima Those little thing
(Ces petits riens).

2 commenti:

Unknown ha detto...

Amarcord?

mental-voyager ha detto...

più o meno.
mi è sempre dispiaciuto chiudere i blog di splinder e ogni tanto vado a rileggere qualcosa.
qualcosa mi piace sempre allora ho deciso di renderla pubblica.