martedì 29 luglio 2008

HANGOVER

(Ron Mueck)

A hangover (veisalgia) describes the sum of unpleasant physiological effects following heavy consumption of drugs, particularly alcoholic beverages.

The most commonly reported characteristics of a hangover include headache, nausea, sensitivity to light and noise, lethargy, dysphoria, and thirst.


"Per ammazzare il tempo, ci siamo sconvolti" (Le luci della centrale elettrica)


Prendersi le sbronze di domenica sera,

per non essere andati al cinema,

per il solo gusto del gin tonic ghiacciato.

Lottare strenuamente per non pisciarsi addosso

Decidere di mangiare solo il salmone,

solo la mionese,

solo la rucola.

Dormire di nascosto a casa degli altri,

sguasciare nella notte

senza farsi sparare,

senza fare suonare gli allarmi,

lasciarsi sul cancello azzurro mentre il giorno è settimino.

La tua schiena nuda mi conforta

la tua schiena nuda è come le vacanze

mi ricorda le stanze di albergo dove siamo stati

felici

in silenzio

mentre fuori pioveva o faceva talmente caldo che sembrava l'africa.

I tuoi capelli contro il mio naso

mentre l'hangover tipico del gin fa quello che mi aspettavo accadesse.

Oggi, ho potuto sentirmi meglio solo dopo che abbiamo parlato.

A me quel bar dove andiamo, sembra gestito da David Linch.

domenica 27 luglio 2008

WHILE PERONI BUILDING IS BURNING


Entro in tribunale in ciabatte.

Sono di passaggio a dire il vero.

Mi sono ricordata al volo di andare a controllare le notifiche.

Michele mi telefona e mi dice, la Peroni brucia davanti alla mia finestra.

Penso a Michele con il suo vestito di lino color fango che guarda assorto dentro la finestra.

Le caviglie nude un po' scorticate.

La sua montatura degli occhiali chanel identica alla mia ma di colore diverso.

Comunico la cosa al primo cancelliere che si trova a passare.

So che tra un momento lo sapranno tutti e 4 i piani e poi tutta la città.


***


La cosa migliore di andare al mare con Dusty è che lui dorme e in certe situazioni ritorna l'uomo silenzioso che mi piacque e che scelsi perchè era silenzioso.

Penso che per andare al mare con qualcuno l'affiatamento sia necessario.

L'affiatamento in molto casi è fare le cose assieme in quel modo che non ti accorgi che affianco a te c'è qualcun altro.

Al mare mi piace moltissimo leggere e poi ascoltare il nano ma non contemporaneamente.

Poi mi piace anche guardare gli altri microcosmi sul loro asciugamani e immaginarmi le vite possibili un po' sputtanate dai loro minuscoli particolari sintomatici.

Trovo interessanti le vite degli altri solo a questo tipo di distanza.

Al mare non faccio amicizia con nessuno e nemmeno in aereo o quando sono in fila alla posta.

Il mio microcosmo è difeso da migliaia di milioni di strati di affari miei e certe volte, guardando Dusty, sono preoccupata e mi domando se ho fatto bene a dividerne con lui un pezzettino.


***

mi sono sempre domandata se Enrico Rava fosse di qui, della Puglia intendo, perchè non si capisce come mai suona qui almeno 15 volte l'anno.

Enrico Rava è un bravo jazzista per quanto ne capisco io solo che certe volte è un po' autoreferenziale e non suona che per sè.

A me ste cosa delle jazz band mi fa letteralmente incazzare.

Penso che uno o una band, abbia un sacco di tempo per compiacersi di se stessa e anche per farsi grandi seghe di tecnica e bravura. Per esempio quando provano oppure a casa propria oppure quando incidono i dischi (questa è una provocazione?). Ma perchè anche quando li andiamo a sentire noi?

Bisogna essere popolari quando la gente viene a sentirti in una sagra del paese.

Sennò vai al blu note e prenditi un'altra laurea in migliore della tromba.

A noi che ci frega?

Musicisti che non sono così sono nell'ordine (alfabetico) Bollani e Fresu. Io Fresu proprio lo ammiro perchè fa un tipo di jazz quando viene a suonare in piazza che è un invito ad avvicinarsi a questa muica negroamericana senza timori e con l'entusiasmo primitivo per un genere che nasce senza pretese, come uno sfogo (non necessariamente colto e raffinato), come un manifesto, come una conversazione arrangiata in mille modi...


***

Teresa Salgueiro è una giovane ragazza del Portogallo. Non si capisce quanti anni abbia perchè se il suo primo disco io l'ho comprato nel 1994, come fa adesso ad apparire talmente giovane?

L'altra sera non suonava con i Madredeus che non si capisce che fine abbano fatto, ma con i Lusitania Ensemble. Il concerto è stato davvero bello e non palloso come molti temevano.

Mi piace di lei che si reinventa e fa nuove esprienze musicali. E' curiosa e molto attenta al pubblico. E' gentile e si sforza di parlare italiano, spiega le sue canzoni pur rimanendo la voce eterea e vagamente mistica che è sempre stata. A un certo punto si è messa a cantare Unforgetable che oltre ad essere un pezzo che mi fa schifo sarebbe anche la canzone del cuore di ridge e brooke in Beautiful e ciò mi ha leggermente disgustata però mica è colpa sua: il disco che propone (La sirena) ha un suo filo rosso che unisce culture e tradizioni e quindi Unforgetable e Caruso, bisogna accettarle.


***

una settimana fa sono stata a vedere La giusta distanza, ma ora non ho tempo di parlarne.

Solo, volevo dire, che sono contenta di non essere mai e poi mai andata a vivere a Rovereto.

martedì 22 luglio 2008

AMELIA ROSSELLI



"In preda ad uno shock violentissimo,

nella miseria e vicino al tuo cuore

mandavo profumi d’incenso nelle

tue occhiaie,

Le fosse ardeatine

combinavano credenzee sogni - io ero partita, tu eri tornato -

la morte

era una crescenza di violenze che non si sfogavano

nella tua testa d’inganno.

Le acque limacciose del mio disinganno

erano limate dalla tua gioia e dal mio averti in mano,

vicino e lontano come il turbine delle stelle d’estate.

Il vento di notte partiva e sognava cose grandiose:

io rimavo entro il mio potere e partecipavo al vuoto.

La colonna vertebrale dei tuoi peccati

arringava la folla: il treno si fermava

ed era entro il suo dire che sostava il vero.
Nell’incontro con la favola risiedevano i banditi".

lunedì 21 luglio 2008

BORIS VIAN, una poesia


A tutti i ragazzi

che son partiti

con lo zaino in spalla nella nebbia d’un mattino d’aprile

vorrei fare il monumento

a tutti i ragazzi che hanno pianto

con lo zaino in spalla gli occhi bassi sulla tristezza

vorrei fare il monumento
non di marmo, nè di cemento, nè di bronzo

che si fa verde sotto il morso acuto del tempo

un monumento del loro dolore

un monumento del loro terrore e del loro stupore
ecco il mondo profumato,

pieno di risa pieno di uccelli blu,

di colpo cancellato da uno sparo

un mondo nuovo dove sotto un corpo

che cade s’apre una macchia di sangue.
Ma a tutti quelli che son rimasti coi piedi al caldo

nei loro uffici a calcolare i profitti della guerra

che hanno voluto

a tutti i grossi,

tutti i cornuti che trascinano la pancia nella via e contano,

contano quei soldi.
A tutti quelli

innalzerei il monumento

adatto a loro con la spranga,

con la folgore,

coi calci,

coi pugni

con le parole che incolleranno alle loro rughe

ai loro doppi menti

marchio di vergogna e di fango.

***

"Mentre molti frequentavano l'università,

acuni si suicidavano in garage,

lasciando come ultime volontà,

i versi di Vian!"

Luci della Centrale Elettrica

giovedì 17 luglio 2008

ALMOST



Come un click nella mia testa

cambia le opinioni

fa smettere le paure

mi toglie un peso

mi lascia libera (anche di respirare)

così, quando mi giro dalla parte tua, ti vedo meglio

e sento distinto il tuo odore che non è più di garage

di vasche di pietra

di cancelleria tedesca

di aceto

ma è qualcosa di più comune, di più rassicurante

ancora mezzo diroccato, ma quasi familiare.

Così, qando ti abbraccio mi viene di farlo come se si trattasse di una cosa mia e non più

di una cosa in prestito

(all'esame facevano sempre la domanda sul regime della res nullius rispetto a quella alterius)

e mi sento più motivata a prendermene cura

e smetto la rabbia che sempre mi scava dentro come una goccia

venuta da chissà dove

(seppure anche) a tenermi viva, a dirmi che sono,

a farmi pulsare

in un modo che certe volte mi stanco

e vorrei dormire come un'ignorante

per non sentirla più.

Elisa mi ha insegnato che la pietà ci aiuta a vivere certe situazioni e ci lascia immuni davanti alla ferocia delle cose/persone.

Ma pure, e su di me, ho imparato che la pietà anche pesa

di un peso

dal quale ho deciso di emanciparmi e di abbandonare temporaneamente in un angolo del percorso

perchè è estate e fa caldo e mi sono stufata.

***

Certe volte una parola è come un click nella mia testa:

cambia le priorità, cancella i visi e gli affetti che credevo profondi, mi cambia gli occhi della sensibilità oppure ne chiude le luci, mi porta lontano, mi allontana, mi nega, mi costringe a voltare le pagine, a chiudere i capitoli.

E queste cose non mi spaventano mai, come non mi ha mai spaventata la morte nè mia nè degli altri, così come mai mi spaventano i no, gli imprevisti, l'obbligo di cambiare direzione.

Sempre, dopo le catastrofi, mi sento l'entusiasmo di rinascere e mi riempie di gioia l'opportunità di reinventare, di ricostruire.

La mia indipendenza certe volte è stata anche la mia solitudine, ma ho capito che a quest'ultima si può sempre porre in rimedio mentre la mancanza di autonomia si, quella è una rogna diversa...

lunedì 14 luglio 2008

FIELDS AND FIELDS


Sabato pomeriggio ho incrociato G per strada.
Portava in una busta di plastica il romanzo di Paolo Giordano.
Sabato pomeriggio andava in giro con le braghe da bagno, le ciabatte, i piedi neri, lo zainetto vinto con i buoni della birra e la busta trasparente in mano.

domenica 13 luglio 2008

CALLIGARIS

A trentun'anniavrei già dovuto conquistare la Persia
avessi avuto un maestro come Aristotele
adesso non pulirei ruote di seggiolini per vivere
il trucco è tutto lì
qualcuno che ti dica che se vuoi
puoi conquistare la Persia
invece con i 6 presi
riesci a pagare il mutuo
andare al mare in vacanza e portare a spasso il cane
che è abbastanza
ma qualcun altro conquisterà la Persia
e tu lo leggerai sul giornale
e poi metterai il giornale in una borsa
e aspetterai che sia piena
per portarla alla raccolta differenziata
e sembrerà tutto normale - invece è la tua vita che continua
con le minestre solubili il dentista e l'affitto
e ogni notte prima di addormentarti
senti come se avessi dimenticato di fare qualcosa
e ti alzi a controllare il gas
e per un istante ti viene in mente che forse avresti dovuto
conquistare la Persia
ma ti vengono in mente tutte le cassiere del supermercato
che scopano tra di loro
e per la Persia ti ci vogliono ragionevolmente almeno una decinad'anni
la sega è un attimo.

venerdì 11 luglio 2008

VARIAZIONI GOLDBERG


Ieri sono tornata allo studio in cui ho fatto il tirocinio per una visita di cortesia e per il mio dilazionato trasloco.
E' così confortevole certe volte tornare tra quei caproni.
Quel quarto piano sfigato ma pieno di luce, la loro istintiva civetteria come ragazzine delle medie...poi il silenzio e la quiete del quartiere della ferrovia: fumo e alberi lunghi e sghembi, ferro e cocci di vetro.
Non come il posto in cui lavoro adesso che è perennemente una campo di battaglia e la convivenza tra i simili è serena come in un campeggio per cannibali.

Le solite telefonate brevi, il ronzio del fax antichissimo, la mia stanza impoleverata ma in ordine, le loro domande sceme ed amichevoli. Cosa fai, come ti trovi, sei molto carina, studia sodo, andrà tutto bene.
Per la prima volta il Capo Uno mi ha domandato quando torno al lavoro che c'è molto bisogno ma pure ha detto decidi con calma pensa a passare l'esame noi stiamo qui, ti ho preso un telefono nuovo e ti prometto che per il fotocopiatore ci sto lavorando, i clienti domandano di te e dei tuoi cioccolatini nella ciotola decorata coi draghi.

Panzone si sente più a suo agio adesso. Ora che non ci sono più briglie gerarchiche tra di noi.
Nel salutarci, una volta soli nella mia stanza, quasi gli salto al collo e l'effetto è che ci diamo una gran testata.
Non sa da dove cominciare è pieno dicose da dirmi, si agita tutto come un ragazzino: la sua faccia da almdovar abbronzato, i suoi occhi da cane miliardario, lo sguardo che io penso sempre è così che deve essere il petrolio, come lo sguardo nero e torrenziale di Panzone, il mio capo preferito.

Per prima cosa mi dice che fa il tapirulan ogni giorno per un'ora, io dico non ci credo allora ci andiamo a pesare tutti e due alla bilancia che c'è nello sgabuzzino.
Iinfatti ha perso 4 chili da marzo, io pure ne ho persi un paio.
Allora ci guardiamo nello specchio, io gli arrivo alla spalla, tutti e due ci stiriamo la camicia sulla panza soddisfatti, io gli faccio notare che ormai è un vecchio audace: è maggio e si è già tolto la maglia della salute. Allora un po se la prende e mi dice non parlarmi come se fossi amico tuo.

Poi mi fa vedere le sue scarpe nuove, i jeans di armani stirati e siccome freme per farmi vedere altri vestiti che ha comprato, li guardiamo su internet, io in ginocchio sulla sua mega poltrona lui dietro di me tutto affannato per cercare i siti.

Facciamo un po' di lotta nel corridoio poi mi porta a prendere il gelato al bar sotto lo studio.
Sento l'irritazione di Capo Uno anche se non vedo la sua faccia per il fatto che corriamo nel corridoio e sbattiamo tutte le porte anche quella dell'ascensore perchè Panzone vuole chiudersi dentro da solo ed io la blocco col piede poi però ho le ciabattine e mi faccio male allora lui mi toglie una ciabatta e la lancia nella tromba delle scale dal quarto piano: sento il requiem dei dannati svaroschi che si spandono ovunque come una notte di s. lorenzo psichedelica.

Nel bar siamo cheti seduti uno a fianco all'altro. Mi fa le solite domande a sfondo sessuale poi mi chiede se ho fatto pace con M. Io dico che sono stata da lui al fine settimana, lui mi domanda se è amore, io dico non credo.
Poi mi racconta delle sue figlie e della moglie. Di dove andranno in vacanza. Si raccomanda quasi distrattamente di avere cura di me e per piacere non ti drogare.
Sempre sospira beata te che sei giovane. Sei un po' selvaggia ma un buon partito dovrebbe metterti a posto.

Ci salutiamo acrobaticamente come al solito.
So che una volta rientrato si andrà a chiudere nella sua stanza per riflettere e per il rewind di verifica: non ho sbagliato in niente, tutto è stato condotto in correttezza e buona fede.

***
In agenzia da S. c'era una ragazzo con una camicia di lino e dei pantaoni grigi carhartt.
Si stava mangiando un enorme gelato alla nocciola.
Siccome fissavo il gelato senza tregua lui ha detto vuoi, io allora me lo sono mangiato tutto e lui era abbastanza sornione ogni tanto gli facevo dare una leccatina ma poco.
Ha detto che si chiama Diego io poi l'ho convinto a portarmi le pesantissime borse della spesa fino alla macchina che avevo lasciato in via roma.
Per gratitudine gli ho detto puoi entrare che ti faccio sentire una cosa.

E ho messo su una canzone di serge gainsbourg interpretata da quella troia di carla bruni in inglese che si chima Those little thing
(Ces petits riens).

lunedì 7 luglio 2008

LA SOLITA VITA, POI


Sono seduta da un'ora nella sala di attesa delle Generali.

Ci sono due colleghi prima di me. Non ci rivolgiamo la parola.

Vivo l'esperienza della trasmigrazione dell'anima come spesso mi accade quando mia annoio a bestia.

Così posso vedere una ragazza vestita di garzine appollaiata su una sedia azzurra, coi gomiti poggiati alle ginocchia e la testa abbandonata sui polsi.

Così posso vedere una ragazza il cui sudore si trasforma in broncopolmonite palpabile, ascoltare arresa musica muta dal nano nero 8 gigabaite.

Ieri era tutto migliore.

Ieri era tutto azzurro.

Ieri mi sembrava impossibile vivere con dei vestiti addosso che non fossero un fazzoletto di cotone attorno ai fianchi, un pezzo di maglietta elastica.

Oggi ho persino le scarpe.

Poi mi sono svegliata da sola, senza baci.

Ho passato la mattina a parlare nel telefono dicendo anche più volte parole tipo coglionazzo, negligente, prescrizione, studiare la pratica.

Sentirmi gonfiare e sgonfiare alternativamente la vena del collo, quella della tempia sinistra, assistere ironicamente alle mani che mi tremano quando da diverse ore non mangio (e non ho fame), la palpebra che va per fatti suoi.

Fuori ci sono 40 gradi e il vento di favonio.

La giornata sembra lo spiedo crudele su cui ruoto lenta come un kebab tenuto stretto da merletti e perline.

Ogni tanto qualcuno si taglia una fetta per merenda.

Ieri invece abbiamo pranzato con gelatino e vera cocacola.

Abbiamo pranzato dalle macchinette a gettone che mi fanno impazzire.

Ho letto tutto il giorno le cose che mi piacciono (qui sulla scrivania ho invece una pila di numeri arretrati di Danno&Responsabilità), verso le sei avrei voluto piantare una enorme grana quando mi ha detto di vestirmi per tornare a casa.

***

A Leuca non è cambiato niente in questi 13 anni.

Io ero già presente quando costruirono il porto turistico, quindi nessuna sorpresa se l'orizzonte si è fatto più vicino ed è bianco di cemento bianco o come diamine si chiama quella non naturale pietra bianca.

C'è Martinucci e la sua folla, il supermercato Mosca, Lupo di Mare con la sua moglie esotica che io sempre immagino che Paolo Conte parlasse di una donna così nelle sue canzoni sul Mocambo.

Le bancarelle Filufierro, le nonne coi vestiti a fiori, le adolescenti abbronzate e saracene come me e Claudine tutti quegli anni fa.

Le luci del lungomare viste da su, vicino al faro. Niente di più rassicurante della città vista dall'alto. Nonostante il buio, nonostante l'erba tagliata male in certe case col giardino.


Letteratura rievocata da questo inatteso ritorno:

Colette, Cherì

Ian McEwan, Il giardino di Cemento

Marie Crdinal, La chiave nella porta

Fleur Jaeggy, I beati anni del castigo

Nobokov, Lolita

Quineau, Il diario Intimo di Sally Marra


Musica che ricordo di aver ascoltato:

Pulp Fiction, colonna sonora

Nirvana, Unplugged

Edith Piaf, Raccolta


Per i motivi di cui sopra, tendo a preferire gli oggetti ai cristiani.

Cose e luoghi, alle persone.